Prima di partire per Skopelos (Grecia), l'estate scorsa ho comprato una macchina fotografica. Ci ho pensato su un sacco: per molto tempo ho fotografato pochissimo e continuavo a chiedermi se una nuova macchina fotografica, diversa per concezione da quella a cui ero abituato, avrebbe fatto qualche differenza e mi avrebbe dato la giusta spinta.
Ho trovato una Fujifilm X-M1 e l'ho portata a casa pochi giorni prima del viaggio. Ho fatto qualche scatto qui e là: sta in una piccola borsa che ho iniziato da subito a portare sempre con me, perché il peso è ragionevole e per la maggior parte del tempo non mi accorgo di averla. La Canon 7D è andata in letargo nell'armadio, mentre l'X-M1 ha cominciato da subito a darmi continue soddisfazioni.
A qualche mese di distanze ho esplorato un angolino delle sue possibilità: scatto per lo più in modalità programma (P), misurando a spot. Tutto è diverso da quando ho imparato a fotografare con una Fujica analogica, ma l'esperienza di scatto è — finalmente — simile a quella che provavo allora: l'X-M1 infonde sicurezza, ti fa capire subito dove può arrivare e, anche in modalità programma, sei tu che controlli lo scatto. La zona di misurazione spot é della dimensione giusta e lascia spazio per giocare con la luce.
La Fuji ha un feeling vagamente vintage: l'interfaccia è basata su un discreto numero di pulsanti, ma anche su ghiere di comando che si trovano nella parte superiore. Sono immediate nell'utilizzo. Avrei preferito che la X-M1 avesse le ghiere specializzate che caratterizzano le sorelle di fascia più alta, ma lo spazio a disposizione è poco.
Il feeling vintage si nota anche quando passa in mano allo sconosciuto-di-turno al quale, in vacanza, chiedi di farti una foto. Quella sorta di reverenza che le reflex spesso ispirano non si fa sentire per niente e capita che lo sconosciuto-di-turno ci prenda gusto e continui a scattare.
Sono Silvano Stralla. Faccio lo sviluppatore, mi piace fare fotografie e pedalare biciclette.
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